Logo e suo significato - WKKO Kenpokai Karate Italia / WKKO Kyokushin Karate Italia

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KENPOKAI
Significato del logo

Capita purtroppo molto spesso che i praticanti di Karate, non per propria colpa, ma perché non gli sia stato mai spiegato dai propri Insegnanti, non conoscano il significato del nome e/o del simbolo, o logo, dello Stile di Karate da essi praticato. Ciò è di grave rilevanza, in quanto denota la mancata conoscenza della storia, della motivazione ispiratrice, del valore, delle caratteristiche fondamentali dello stesso Stile.
Provo a dare una spiegazione semplice del logo che caratterizza il KENPOKAI KARATE DO, che in Italia fa capo all’Accademia Italiana Kenpokai Karate Do, unica struttura nazionale autorizzata ufficialmente a coordinare, organizzare, gestire, questo stile.
Così come è ben noto, il Kempo, l’originaria boxe dei Monaci Shaolin (in giapponese, Shorinji), è stata matrice di molte Arti Marziali, tra le quali il Karatedo, nato ad Okinawa e diffusosi poi in terra nipponica.
Visto che non è mia intenzione parlare della storia e dello sviluppo del Karatedo e dei molteplici differenti stili, in cui si è fin da subito relativamente differenziato (almeno nella prima fase), passo direttamente ad esaminare ciò che intendo trattare più da vicino.
Fatta la considerazione che per motivi esclusivamente fonetici, tipiche della maggior parte delle lingue occidentali, la lettera “m”, prende spesso il posto della “n”, nelle parole giapponesi (e non soltanto) e quindi, senza considerare errore, ne differenziazione,  la presenza di una delle due lettere presenti al posto dell’altra, nei vocaboli di origine asiatica, comincio con lo specificare che il Kenpokai , così come anche il Kenpo, il Nippon Kempo, lo Shorinji Kempo, il Nihon Kempo e tutta una serie di Stili e/o Discipline giapponesi, che considerano il “pugno”, quale caratterista indicativa dell’Arte Marziale praticata, hanno in comune, nel significato storico, evidenziato proprio sui loghi che simboleggiano tutte le varie scuole legate in qualche modo al Kenpo o Kempo, alcune caratteristiche, più o meno esteticamente stilizzate, ma analogamente ben riscontrabili ed evidenziate, atte proprio ad indicare l’originaria matrice di derivazione, alla quale in questo modo, fanno riferimento; caratteristiche grafiche che in queste analogie, accomunano appunto, tutti gli Stili di Karate come il Kenpo, il Kenpokai, il Kempo, il Kempokai, il Kenporyu, o altre Arti marziali come il Nippon Kempo, il Nihon Kempo, lo Shorinjikempo, il Kenpokai (esiste non soltanto come Stile di Karate, ma anche come Arte Marziale a se stante).
In tutti i sistemi, o metodi, o scuole, che come quelle precedentemente elencate, il Kenpo/Kempo, fa da padrone, da motivo ispiratore, da riferimento inconfutabile, troviamo delle analogie, sempre presenti (tranne una), nei vari loghi che li differenziano, che sono:
il pugno, il cerchio, il fior di loto(unica analogia non sempre presente), lo scudo.
Prendiamo ad esempio lo stile di Karate al quale noi ci rapportiamo: il Kenpokai e passiamo ad esaminare singolarmente, ciascuno di questi elementi.
1)      Il pugno.  Kenpo  = Legge del pugno; ma in che senso? E’ errato pensare che per kenpo, si intenda un metodo basato esclusivamente o prevalentemente sui pugni, infatti per  “legge del pugno”, si intende un atteggiamento mentale idoneo a prevenire ed anticipare l’attacco dell’avversario, qualunque esso sia, attraverso un’appropriata applicazione di uno dei tre principi cardini del combattimento libero, il sen no sen, il cui studio, la cui comprensione, ed il cui allenamento, richiedono grande applicazione sulla ricerca dell’applicazione dello stesso, attraverso una condizione mentale idonea a far entrare in sintonia la veloce metabolizzazione dei pensieri dell’esecutore del sen non sen, con quelli che paradossalmente, diventano i pensieri “amici” dell’avversario, con cui siamo riusciti ad entrare in sintonia costituendo uno stato di feeling improbabile in altre circostanze ma constatabile in questi precisi momenti, durante i quali, proprio l’avversario, sembra informarci con qualche attimo di anticipo, delle proprie volontà. E’ chiaro come un anticipo di pugno sia, nella realtà, ma anche nell’immaginario collettivo, più semplice da ricercare, piuttosto che un anticipo di calcio, che comunque, se ben condotto, risulta non solo efficacissimo, ma anche molto spettacolare. Inoltre, utilizzare il disegno di un pugno, invece che di un piede, risulta più elegante, ma non va in più dimenticato che, la mano in genere e non il piede (sebbene molti popoli del pianeta usino benissimo anche i piedi per le poro pratiche artigianali), è l’arto con cui noi diamo vita artigianale ai nostri pensieri, trasformandola nella via, mezzo di creazione dei dettami mentali. Spiegata la presenza del pugno, nel logo che simboleggia il Kenpokai, passiamo al cerchio.
2)      Il Cerchio.  Il cerchio (rosso, ma a volte è di differente colore, spesso color oro) è il simbolo del sol levante, il cui pensiero è tipicamente riconducibile al Giappone. Il sol levante, così come altri simboli, come il Fujiama, il ciliegio, il fior di loto, ma anche altri, sono elementi che, indiscutibilmente si legano a ciò che è tipico della tradizione nipponica. Per fare un esempio, sebbene la bandiera del Giappone sia bianca con un cerchio rosso al centro (proprio a simboleggiare il sol levante dell’est), non è raro vedere bandiere nipponiche con lo stesso sol levante spostato su un lato e con tanti raggi rossi che dallo stesso partono per raggiungere i bordi della bandiera; un vessillo non ufficiale, ma entrato nella cultura popolare mondiale che nel vederlo, ne riconosce la paternità nipponica, un po come avviene con il nostro colore azzurro, che sostituisce il tricolore italiano, pur indicando lo status di italica appartenenza. Infatti il Karate Kenpokai è assolutamente un sistema di origine nipponica, che nulla ha a che fare con altri sistemi cinesi che pur utilizzano la parola Karate per definire il proprio metodo (il Kenpo Karate ha infatti anche molte scuole legate una versione cinese, il cui logo, in cui sono rappresentati animali come tigre, drago ed altri ancora, nulla ha a che fare con alcun logo legato ai sistemi di Kenpo giapponese). Inoltre, mentre la divisa delle scuole cinesi o di origine cinese, e quasi sempre vistosamente colorata e molto spesso anche nera, nel Karate (ovviamente giapponese) in genere e quindi anche nel Kenpokai, il gi è tassativamente bianco, il cui unico elemento contrastante è costituito dalla cintura. Ma di questo, tratterò nel punto successivo.
3)      Il Fior di loto. E’ uno dei simboli che rappresenta la coesione e la pacifica convivenza in armonia fra due estremi che, così come lo yin e lo yang cinese, simboleggiano la perfezione derivante da due imperfezioni che a vicenda si completano. Nella cultura giapponese, il fior di loto, considerato uno tra i più bei fiori esistente in natura, nasce cresce e sboccia negli acquitrini melmosi, nelle acque spesso putride delle paludi, che pur in tale ambiente riescono a dar vita ad un esempio di rara bellezza: il fior di loto.  Analogamente a quanto spesso avviene in natura, in cui per natura stessa, elementi opposti e totalmente in antitesi fra essi, riescono a creare meccanismi perfetti, risultanti proprio dalla differenza motivazione di essere, oserei dire anche, di esistere, spesso due estremi, opposti in tutto, creano ciò che in null’altro modo può essere auspicato; la completezza armonica e risultante di più variabili che però nel medio-lungo periodo, riescono ad essere ben definibili e sebbene in continuo mutamento, sono in grado di stabilire il perfetto equilibrio, auspicabile, immaginabile, quindi presuntuosamente definibile come esistente, avvicinabile, ma mai raggiungibile. Il karategi bianco e la cintura nera, indicano i due colori opposti per natura. Il pieno di colori e l’assenza totale degli stessi, lo yin e lo yang, la palude ed il fior di loto. Il principiante inizia il suo percorso nella pratica dell’Arte Marziale, indossando una cintura bianca, che, seppure carica di tutti i colori esistenti in natura, il cui insieme da origine al colore bianco, pur potendo quindi ritenere questo colore quale “completo”, lo si usa per cingere la vita del neofita. Sembra un controsenso, eppure lo status di “esperto”, o come preferisco definirlo io, di “non più principiante”, viene riconosciuto al praticante con la consegna della cintura nera, la cintura di quel colore che non è altro che il frutto dell’assenza di tutti i colori e che paradossalmente, con la sua vuotezza, completa la pseudo completezza del colore bianco. Il gi bianco del Karate, ha quindi una sua precisa motivazione e possiamo ascrivere ai due colori, una serie di caratteristiche caratteriali in totale contrapposizione tra esse, delle quali, però, non è questa la sede opportuna per discutere, ma è certo che un karateka, non dovrebbe sostituire il bianco del suo gi, con divise colorate più alla moda o scelte in base alle proprie preferenze di colore, dovrebbe piuttosto ben conoscere il valore ed il significato del vestiario che indossa. E’ vero che il Karatedo, quale stile di vita lo si dovrebbe praticare sempre ed ovunque, indipendentemente dagli abiti che indossiamo, è altrettanto vero che la sua tecnica la si può allenare sempre, comunque e dovunque, anche in questo caso, indipendentemente dagli abiti che indossiamo, ma questo è un altro discorso; non vestire il bianco quale propria divisa, nella pratica abituale, per precisa scelta preferenziale nei confronti di un altro colore, che spesso cambia anche più volte nel corso di una settimana, in funzione della circostanza o dell’umore di chi lo indossa, significa non conoscere il significato o non dare ad esso l’importanza che merita, ad un particolare che non è affatto di second’ordine ma di primaria importanza.
4)      Lo scudo. Atro elemento che caratterizza in modo univoco il Kenpo, in tutti i suoi differenti aspetti di Disciplina a se stante o di Stile di Karate, è lo scudo. Esso, con le sue 4 sezioni, è considerato dai kenpoka di tutto il mondo, l’elemento forse dal più grande valore spirituale. Costituisce il più grande simbolo protettivo e rassicurante; lo scudo quale riparo, difesa, sicurezza, tranquillità, salvaguardia, quello del quale ogni scuola al mondo di Kenpo, non potrebbe mai privarsi. In seno ad esso e grazie ad esso, nascono e crescono caratteristiche come, coraggio, forza caratteriale, determinazione ecc., unitamente a valori quali lealtà, sincerità, correttezza ecc. frutto proprio del terreno fertile che trovano in un ambiente protetto all’interno del quale vanno coltivati e fatti prosperare. Attraverso un esame maggiormente approfondito sul significato dello scudo a 4 sezioni presente nel Kenpokai, è opportuno precisare che ciascuna sezione ha un significati individuatorio ben preciso; le 4 sezioni, indicano i 4 elementi principali esistenti in natura e cioè:
a)      1° sezione = elemento terra. L’elemento che ci accoglie, ci nutre, ci ospita. A lei ricorriamo per qualunque necessità. Lei, direttamente o indirettamente, si presta al soddisfacimento dei nostri bisogni, delle nostre necessità. Lei che ci offre riparo, che ci ama in quanto della natura stessa facenti parti e quindi parte inscindibile di essa stessa; noi, dei quali si riappropria alla fine dei nostri giorni. Perfetto a mio avviso, chiamarla metaforicamente “madre”. Una madre che, come tutte le madri, riversa tutto il suo amore su di noi, anche se spesso, dimentichiamo di apprezzarlo e ricambiarlo e che ci ama talmente tanto da rivolerci con se alla nostra morte per riproporci successivamente riutilizzando le stesse forze datole da noi stessi, in quanto a lei tornati, dopo che per lei vissuti.
b)      2° sezione = aria. L’elemento che per primo permette la nostra esistenza in vita, quello che è alla base di tutte le nostre funzioni vitali. Ciò che permette l’ossigenazione di ogni tessuto della sofisticatissima macchina umana, ma anche di tutte quelle funzioni vegetative che si compiono all’esterno del corpo umano, alle quali lo stesso fortemente legato ed altrettanto fortemente dipendente. Legata a quest’elemento anche la forza del vento che non conosce ostacoli, i quali vengono da lui accarezzati ed arginati, a volte inesorabilmente puniti. Lo stesso vento che altre volte è fondamentale compagno, irrinunciabile amico, indispensabile alle nostre attività, che da esso dipendono e con le quali, ad esso ci affidiamo. Il vento, che sa essere il migliore amico, ma anche il più acerrimo dei nemici.
c)       3° sezione = fuoco. L’elemento che riscalda corpo ed animo, concedendo fiducia e forza, ottimismo e passione, ma anche che illumina, infondendo coraggio e lucidità. Il fuoco rende migliore la nostra esistenza, la nostra nutrizione, la nostra capacità di utilizzare attrezzi ben foggiati. Lo stesso fuoco che può far ardere nelle nostre vene, gli amori, le passioni, i sentimenti in genere, ma che può condannarci al rogo se lo sfidiamo. Il fuoco che può riscaldare senza bruciare, proteggere senza giudicare, ma non per questo incapace di condannare. Il sole nella qualità di più grande fuoco vicino alla vita, senza il quale, la vita stessa non esisterebbe, trova posto nella simbologia nipponica e grande importanza quindi, dal profondo significato, è data alla sua presenza, nella bandiera giapponese
d)      4° sezione = acqua. Alla base di tutto ciò che esiste in natura, alla base del suo stesso ciclo vitale rigenerante, alla base di tutta la nostra stessa vita e di tutto ciò che apparentemente vita non ha. Sostentamento primo, forza silente ma costante, in grado di determinare l’esistenza nei secoli, l’acqua è l’elemento che più di ogni altro compone il nostro stesso corpo e lo gestisce. Alla base di reazioni chimiche vitali, di azioni meccaniche fondamentali alla nostra esistenza, non potrebbe non esistere e noi non potremmo esistere senza di essa. La stessa acqua, presente ovunque,  capace di far vivere e muovere la vita, capace anche di annientare facilmente tutto ciò che di relativamente grande, l’uomo possa essere in grado di realizzare; l’acqua a noi così amica, ma che sa anche mostrarci la sua forza devastante.
Un altro elemento va tenuto presente, anche se non simboleggiato e quindi non presente su alcuno dei loghi rappresentativi il Kenpo/Kempo in generale, il Kenpokai in particolare. Il vuoto.
e)      5° sezione (sezione mancante) = Il vuoto. Inteso quale elemento riempitivo di tutti gli spazi, ma anche riempibile con tutto in quanto di per se, non riempente e quindi, non occupante spazio, in realtà, esso costituisce l’elemento scaturente dalla comprensione finale di tutti gli altri elementi, dato ad essi l’importanza che meritano, ma costituisce anche l’elemento di partenza, dal quale scaturiscono tutte le azioni maturate all’interno del pensiero non pensato, del “mushin” spirito vuoto, del pensare non pensando, la cui sola attenzione, deve essere focalizzata al pensare di non pensare, in modo che le azioni sgorgano fluide dal nostro corpo, dettate e gestite, dalla stessa logica naturale che molto spesso sopprimiamo e non ascoltiamo. Un vuoto può essere pieno di nulla, ma può anche esserci nulla nel vuoto; sta a noi scegliere quale sia, fra le due verità esistenziali, quella a noi più congeniale. Se non abbiamo nulla dentro, se dentro siamo vuoti, non riusciremo a creare nulla, se vuotiamo la nostra mente, il nostro cuore, il nostro spirito, riempiamo il nostro vuoto di capacità riempitive e ciò che3 è più importante, agenti.
Non dovrebbe esistere logo legato al Kenpo in genere, senza i simboli su menzionati, essi identificano, caratterizzano, specificano, un’appartenenza ben precisa a valori e significati ben definiti. Senza anche uno solo di questi, il logo sarebbe frutto, almeno facendo riferimento ai Tecnici Insegnanti operanti nel settore, di mancanza di cognizione di causa legata al proprio sistema, la cui ignoranza sarebbe ingiustificata ed ingiustificabile e frutto di un’attenzione, studio e ricerca, superficiale; insomma impropria per chi opera da Insegnante, in questo campo.
                
      
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